Con il termine endocardite si fa riferimento ad un’infiammazione dell’endocardio che, se non trattata, può provocare danni irreversibili alle valvole del cuore.
Quando si parla di cuore, e di patologie ad esso collegate, è facile pensare all’infarto del miocardio, alle aritmie o all’attacco di cuore. In realtà esistono diverse altre problematiche quasi sconosciute che possono intaccare le strutture del nostro organo vitale senza dare sintomi. Una di queste è l’endocardite che, se non viene trattata per tempo può provocare danni irreversibili alle valvole del cuore, causando complicazioni come stenosi o insufficienza valvolare.
Si tratta di un’infiammazione della membrana che protegge la cavità cardiaca, l’endocardio. Colpisce più gli uomini delle donne e può riguardare anche soggetti giovani, di età compresa tra i 35 e i 50 anni. Va precisato che nei soggetti con un cuore sano è raro che l’endocardite si manifesti: tende invece a svilupparsi in presenza di valvole malate o danneggiate, facilmente attaccabili da batteri che si annidano sulla superficie della parete cardiaca.
Le cause dell’endocardite
Può essere causata da:
- infezioni batteriche o micotiche (funghi);
- lesioni dovute a interventi chirurgici;
- pratiche mediche oppure odontoiatriche;
- patologia reumatica.
Esistono poi fattori di rischio per endocardite nei seguenti casi:
- impianto di protesi valvolari cardiache;
- valvole danneggiate;
- difetti congeniti del cuore;
- endocardite pregressa.
I sintomi dell’endocardite
Si può manifestare con sintomi altamente variabili, come tachicardia, febbre alta, spossatezza e soffi al cuore dovuti alla difficoltà del cuore di pompare il sangue.
Quando l’organismo manda segnali di questo tipo, è consigliato consultare immediatamente un medico. L’infezione infatti può peggiorare nel tempo e danneggiare la cavità cardiaca con conseguenze negative per il sistema circolatorio.
È importante interpretare correttamente i sintomi perché l’endocardite necessita di una diagnosi estremamente puntuale e precisa, eseguita da personale medico specializzato per improntare la terapia più adatta.
La diagnosi dell’ endocardite viene completata da esami del sangue, che rilevano le conseguenze di un’infezione. Il cardiologo in genere prescrive l’emocoltura, che individua i batteri all’origine dell’infezione e con quali antibiotici combatterli; e l’ecocardiografia, che rileva eventuali infezioni batteriche a carico delle valvole cardiache.
Terapia per l’endocardite
La terapia si basa sulla somministrazione di antibiotici.
Quest’ultima è importante anche per impedire a germi e batteri di introdursi nel sistema circolatorio e dunque anche nel sangue, ad esempio prima e subito dopo manovre invasive (procedure odontoiatriche, interventi chirurgici etc): si chiama profilassi per l’endocardite. Si tratta di attuare dunque delle precauzioni per impedire il verificarsi della infiammazione dell’endocardio.
Tuttavia, se si riscontrano danni permanenti alle valvole del cuore, spesso si procede ad intervento cardiochirurgico.
Nella scelta della terapia gioca un ruolo fondamentale l’esperienza del medico e naturalmente la sua specializzazione. Il tipo di terapia antibiotica per curare l’endocardite non è da sottovalutare e soprattutto deve essere scelta in base alle condizioni cliniche del paziente e agli esiti dell’esame dell’emocoltura.
Qualora si optasse per un intervento cardiochirurgico, questo in genere è piuttosto delicato e deve essere pianificato nei minimi dettagli e si può affrontare anche utilizzando tecniche mininvasive.