Si conclude oggi il mio corso di formazione in Ecocardiografia organizzato dalla Società Italiana di Ecocardiografia e Cardiovascular Imaging.
Ammesso che l’onore di essere stata la sede della rivoluzione scientifica possa appartenere di diritto a un singolo luogo, tale onore dovrebbe essere riconosciuto a Padova. È qui che ho avuto il piacere e l’onore di seguire una così stimolante esperienza professionale.
Ma cosa ci fa un cardiochirurgo ad un corso di Ecocardiografia, di cui generalmente non si occupa?
Ebbene, voglio raccontarvi la mia “vision” e il modo in cui intendo essere cardiochirurgo “ibrido”.
Oggi, come in passato, essere un medico, e un chirurgo, significa fondare il proprio percorso su conoscenza e umanità. Questo connubio necessita di predisposizione, competenze, formazione continua, investimenti, organizzazione e sacrifici!
Sono certo che i tempi sono maturi per un nuovo approccio formativo in chirurgia cardiaca: il modello ibrido, esige competenze solo in parte comprese nel bagaglio culturale e di esperienza del cardiochirurgo interventista e mini-invasivo del futuro, almeno nel panorama italiano.
Da una parte uno specifico percorso formativo costruito ad hoc per il trattamento delle cardiopatie strutturali, sia acquisite che congenite, al fine di raggiungere conoscenze e competenze tecniche e di gestione dell’intervento percutaneo o ibrido, fondamentali per garantire al paziente percorsi terapeutici adeguati, grazie a soluzioni avanzate.
Dall’altra approfondimenti, training e certificazioni accreditate da Società Scientifiche della diagnostica per immagini al fine di acquisire le basi interpretative delle principali tecniche di imaging, fondamentali per le opportune conferme diagnostiche pre-intervento e la gestione postoperatoria; master di Management in Sanità volto ad analizzare gli aspetti economici, socio sanitari e di costo-efficacia delle tecniche innovative: strategia, investimenti economici, pianificazione, controllo di gestione e organizzazione sono infatti le chiavi del risultato finale!
Purtroppo da sempre per molti Medici queste “chiavi” hanno rappresentato un peso, un ostacolo o un muro di gomma ma è solo una aberrazione culturale: al contrario, sono un’opportunità di dialogo e progettazione per raggiungere prospettive più ampie e i cambiamenti che il futuro ci prospetta.
Tutto ciò dovrebbe andare di pari passo ad un vasto insegnamento sui simulatori ed, ovviamente, ad una formazione sistematica e supervisionata per segmenti, in sala operatoria, anche grazie all’approccio mini-invasivo! Ad esempio io ho già svolto anche il Master di II livello in “Innovation in Cardiac Surgery: advances in minimally invasive therapeutics”, presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, con risvolti professionali incredibili!
Ho ancora tanto in mente e molti progetti, ma un unico scopo: raggiungere il bene dei pazienti.