Sapevate che le persone anziane che pensano di avere ancora uno scopo nella vita, presentano una minore probabilità di morire per malattie cardiache, patologie circolatorie e digestive e maggiori probabilità di vivere più a lungo?
Ad evidenziarlo è uno studio eseguito su quasi settemila persone: i partecipanti, dovevano completare un sondaggio valutando, su una scala da uno a sei, diverse situazioni come “mi piace fare progetti per il futuro e lavorare per renderli realtà”, “le mie attività quotidiane mi sembrano spesso banali” o “vivo la vita giorno per giorno e non penso al futuro”.
I punteggi più alti ottenuti indicavano persone che avevano uno scopo nella vita. Confrontando coloro che avevano ottenuto un punteggio più basso con quelli che ne avevano uno più alto, i ricercatori hanno scoperto che i punteggi più bassi, invece, avevano 2,66 volte in più di probabilità di morire per problemi cardiaci e circolatori, rispetto ai partecipanti con i punteggi più elevati; le persone con i punteggi più bassi avevano anche il doppio delle probabilità di morire di problemi a livello dell’apparato digerente.
Avere uno scopo nella vita, vi farà vivere di più: l’età non deve abbattere nessuno! Ad esempio, anche se portatori di una patologia cardiaca, sebbene storicamente al grande anziano veniva preclusa la possibilià di un trattamento cardiochirugico per la eccessiva invasività dell’intervento, oggi è possibile risolverla! Una migliore selezione dei pazienti e delle tecniche chirurgiche a disposizione, mini-invasive e personalizzate, “cucite” addosso alle esigenze del paziente, possono migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita anche del paziente anziano. L’importante è volere vivere per qualcosa!
Come trattare un paziente anziano con malattia cardiaca?
Spesso i pazienti anziani vengono però considerati troppo critici e fragili per essere sottoposti ad un intervento cardiochirurgo. Per cui con il tempo si è sviluppato un programma specifico per il trattamento chirurgico del paziente anziano, al quale fin ora è stata in gran parte preclusa la possibilità di un trattamento invasivo. In questo campo, quindi, il gap di miglioramento è molto grande.
Ridurre il “taglio” allo sterno per accedere al cuore vuol dire ad esempio consentire al paziente, soprattutto se fragile, un recupero più veloce, minor tempo in Terapia Intensiva, ridotti rischi di problemi polmonari e intubazione, minore quantità di sangue perso rispetto alle metodiche tradizionali. Anche riparare le valvole cardiache anziché sostituirle, quando possibile, è positivo per i pazienti fragili: riduce di molto il rischio di infezioni e permette in molti casi di non usare anticoagulanti.
In sintesi, un approccio individualizzato e mini-invasivo al paziente anziano e sottoposto a chirurgia cardiaca assicura eccellenti risultati clinici e vantaggi sulla qualità di vita, anche a distanza dall’intervento chirurgico.